Realtà virtuale: tecnologia o magia?
Magia e tecnologia. Due parole in rima, così vicine dal punto di vista fonetico ma così distanti nel significato. L’astrazione contro il realismo, la fantasia contro la realtà. Eppure può esserci proprio una realtà, quella virtuale, dove queste due parole possono essere accostate senza dover parlare di eresia. La prima volta che ho indossato il mio caschetto (precisamente l’Oculus Rift) e dopo le necessarie fasi di configurazione si avvia l’applicazione Oculus First Contact (che funge da tutorial) ed è proprio in quel preciso momento che mi sono dimenticato di avere in testa una specie di maschera da sub con due lenti e due display, e fra le mani dei controller di plastica con due levette analogiche e qualche pulsante. No, in quel momento ero in una stanzetta colorata, che salutavo un simpatico robottino, lanciando dei piccoli razzi che volavano dappertutto, e sparando a dei bersagli con una pistola giocattolo.
Subito mi sono tornate alla mente le stesse sensazioni che ho provato la prima volta che ho esplorato i corridoi in 3D del primo Wolfenstein, la stessa libertà di quando massacravo nemici che provenivano da tutte le direzioni in Quake II, la stessa adrenalina di una battaglia campale nel primo Halo. Alla fine tutte meraviglie derivanti dall’utilizzo di una tecnologia rivoluzionaria per l’epoca, e sfido chiunque a dire che non ha goduto a massacrare nazisti perché si vedevano i pixel, che ha rinunciato ad uccidere Strogg perché aveva una scheda video che non supportava l’openGL o il 3dfx, che non si divertiva a guidare un Warthog perché aveva ancora una TV a tubo catodico. Tutti gli inevitabili limiti tecnici passano in secondo piano, quando la tecnologia ti apre le porte di un mondo tutto nuovo, che ti fa dimenticare l’hardware con cui stai usufruendo il medium, e ti permette di vivere emozioni impossibili fino a prima. E con che parola può essere sintetizzato tutto questo se non con magia?
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